Il Discorso diretto e discorso indiretto in italiano

Direct speech and indirect speech in Italian

(English follows)

Come funzionano il discorso diretto e il discorso indiretto?

Per esprimere quello che viene detto da qualcuno si usano due modi differenti: il discorso diretto (frasi dette) e il discorso indiretto (frasi riportate)

1) Maria: “Vai a casa!”discorso diretto
2) Maria ha detto di andare a casa.discorso indiretto

Nell’esempio qui sopra abbiamo due frasi diverse:

Nella prima frase vengono scritte esattamente le parole pronunciate da Maria; Maria dice a qualcuno di andare a casa.

Mentre nel secondo caso un narratore riporta la frase di Maria.

DISCORSO DIRETTO

Nel discorso diretto si trascrivono le stesse parole pronunciate dai soggetti all’interno di segni grafici distintivi (< > ” “ ).
Il discorso diretto può essere introdotto dai due punti (  :  ).

IL DISCORSO INDIRETTO

Nel discorso indiretto si racconta ciò che è stato detto, introdotto di norma con “che“, “a“, “di“, “se“.

DA DIRETTO A INDIRETTO

Un discorso diretto può trasformarsi in un discorso indiretto (e viceversa), ma per avere una frase comprensibile e grammaticalmente corretta si devono cambiare i segni di punteggiatura, i pronomi, i tempi e i modi verbali e gli eventuali aggettivi.

RegolaDiscorso direttoDiscorso indiretto
presente -> imperfettoLucia ha detto: “vado a Milano”.Lucia ha detto che andava a Milano.
passato prossimo -> trapassato prossimoLucia ha detto: “sono andata a Milano”.Lucia ha detto che era andata a Milano.
futuro -> condizionale passatoLucia ha detto: “andrò a Milano”.Lucia ha detto che sarebbe andata a Milano.
condizionale presente -> condizionale passatoLucia ha detto: “andrei a Milano”.Lucia ha detto che sarebbe andata a Milano.
imperfetto -> imperfettoLucia ha detto: “andavo a Milano”.Lucia ha detto che andava a Milano.
imperativo -> infinitoLucia ha detto: “andiamo Milano”.Lucia ha detto di andare a Milano.

Prova ad esercitarti: scrivi nei commenti sotto una frase in discorso diretto e trasformala in discorso indiretto.


Scarica qui il programma dei primi 4 moduli dell’Accademia dei Verbi.

Fai alcune lezioni gratuite.


English version

How do direct speech and indirect speech work?

Two different ways are used to express what someone says: direct speech (spoken sentences) and indirect speech (reported sentences).

1) Maria: “Vai a casa!”direct speech
– Maria: ” Go home!”
2) Maria ha detto di andare a casa.indirect speech
– Maria said to go home.

In the example above we have two different sentences:

In the first sentence the exact words spoken by Mary are written; Maria tells someone to go home.

While in the second case a narrator reports Maria’s sentence.

DIRECT SPEECH

In direct speech, the same words pronounced by the characters are transcribed within distinctive graphic signs (< > ,  ” ” ,  – ).
Direct speech can be introduced by colons (  :  )

INDIRECT SPEECH

In indirect speech we tell what has been said, usually introduced with “che“, “a“, “di“, “se“. (“that”, “to”, “of”, “if”)

FROM DIRECT TO INDIRECT

Direct speech can transform into indirect speech (and vice versa), but for the sentence to be understandable and grammatically correct, the punctuation marks, pronouns, tenses and verbal forms and any adjectives must be changed.

RegolaDiscorso direttoDiscorso indiretto
presente -> imperfettoLucia ha detto: “vado a Milano”.Lucia ha detto che andava a Milano.
passato prossimo -> trapassato prossimoLucia ha detto: “sono andata a Milano”.Lucia ha detto che era andata a Milano.
futuro -> condizionale passatoLucia ha detto: “andrò a Milano”.Lucia ha detto che sarebbe andata a Milano.
condizionale presente -> condizionale passatoLucia ha detto: “andrei a Milano”.Lucia ha detto che sarebbe andata a Milano.
imperfetto -> imperfettoLucia ha detto: “andavo a Milano”.Lucia ha detto che andava a Milano.
imperativo -> infinitoLucia ha detto: “andiamoa Milano”.Lucia ha detto di andare a Milano.

Try to practice: write a sentence in direct speech in the comments below and transform it into indirect speech.


Un racconto di Natale: Il Tesoro dei Poveri di Gabriele D’Annunzio

A Christmas Tale: The Treasure of the Poor by Gabriele D’Annunzio

(English follows)

Ascolta la storia:

Racconta un poeta:
C’era una volta non so più in quale terra una coppia di poverelli.
Ed erano, questi due poverelli, così miseri che non possedevano nulla, ma proprio nulla di nulla.
Non avevano pane da metter nella madia, né madia da mettervi pane.
Non avevano casa per mettervi una madia, né campo per fabbricarvi casa.
Se avesser posseduto un campo, anche grande quanto un fazzoletto, avrebbero potuto guadagnare tanto da fabbricarvi casa.
Se avessero avuto casa, avrebbero potuto mettervi la madia.
E se avessero avuto la madia, è certo che in un modo o in un altro, in un angolo o in una fenditura, avrebber potuto trovare un pezzo di pane o almeno una briciola.
Ma, non avendo né campo, né casa, né madia, né pane, erano in verità assai tapini.
Ma non tanto del pane lamentavano la mancanza quanto della casa.
Del pane ne avevano a bastanza per elemosina, e qualche volta avevan anche un po’ di companatico e qualche volta anche un sorso di vino.
Ma i poveretti avrebber preferito rimaner sempre a digiuno e possedere una casa dove accendere qualche ramo secco o ragionar placidamente d’innanzi alla brace.
Quel che v’ha di meglio al mondo, in verità, a preferenza anche del mangiare, è posseder quattro mura per ricoverarsi. Senza le sue quattro mura l’uomo è come una bestia errante.
E i due poverelli si sentirono più miseri che mai, in una sera triste della vigilia di Natale, triste soltanto per loro, perché tutti li altri in quella sera hanno il fuoco nel camino e le scarpe quasi affondate nella cenere.
Come si lamentavano e tremavano su la via maestra, nella notte buja, s’imbatterono in un gatto che faceva un miagolìo roco e dolce.
Era in verità un gatto misero assai, misero quanto loro, poiché non aveva che la pelle su le ossa e pochissimi peli su la pelle.
S’egli avesse avuto molti peli su la pelle, certo la sua pelle sarebbe stata in miglior condizione.
Se la sua pelle fosse stata in condizion migliore, certo non avrebbe aderito così strettamente alle ossa.
E s’egli non avesse avuta la pelle aderente alle ossa, certo sarebbe stato egli forte abbastanza per pigliar topi e per non rimaner così magro.
Ma, non avendo peli ed avendo in vece la pelle su l’ossa, egli era in verità un gatto assai meschinello.
I poverelli son buoni e s’aiutan fra loro.
I due nostri dunque raccolsero il gatto e né pure pensarono a mangiarselo; ché anzi gli diedero un po’ di lardo che avevano avuto per elemosina.
Il gatto, com’ebbe mangiato, si mise a camminare d’innanzi a loro e li condusse in una vecchia capanna abbandonata.
C’eran là due sgabelli e un focolare, che un raggio di luna illuminò un istante e poi sparve.
Ed anche il gatto sparve col raggio di luna, cosicché i due poverelli si trovaron seduti nelle tenebre, d’innanzi al nero focolare che l’assenza del fuoco rendeva ancor più nero.
– Ah! – dissero – se avessimo a pena un tizzone! Fa tanto freddo! E sarebbe tanto dolce scaldarsi un poco e raccontare favole!
Ma, ohimè, non c’era fuoco nel focolare poiché essi erano miseri, in verità miseri assai.
D’un tratto due carboni si accesero in fondo al camino, due bei carboni gialli come l’oro.
E il vecchio si fregò le mani, in segno di gioia, dicendo alla sua donna:
– Senti che buon caldo?
– Sento, sento – rispose la vecchia.
E distese le palme aperte innanzi al fuoco.
– Soffiaci sopra – ella soggiunse. La brace farà la fiamma.
– No – disse l’uomo – si consumerebbe troppo presto.
E si misero a ragionare del tempo passato, senza tristezza, poiché si sentivano tutti ringagliarditi dalla vista dei due tizzoni lucenti.
I poverelli si contentan di poco e son più felici. I nostri due si rallegrarono, fin nell’intimo cuore, del bel dono di Gesù Bambino, e resero fervide grazie al Bambino Gesù.
Tutta la notte continuarono a favoleggiare scaldandosi, sicuri omai d’essere protetti dal Bambino Gesù, poiché i due carboni brillavan sempre come due monete nuove e non si consumavano mai.
E, quando venne l’alba, i due poverelli che avevano avuto caldo ed agio tutta la notte, videro in fondo al camino il povero gatto che li guardava da’ suoi grandi occhi d’oro.
Ed essi non ad altro fuoco s’erano scaldati che al baglior di quelli occhi.
E il gatto disse:
– Il tesoro dei poveri è l’illusione.


Prima pubblicazione in «La Tribuna», 22 dicembre 1887, rubrica Favole di Natale, testo siglato dal
Duca Minimo.
Trascrizione da Gabriele D’Annunzio, Il tesoro dei poveri, in Gabriele D’Annunzio, Tutte le
novelle, a cura di Annamaria Andreoli e Marina De Marco, Milano, Mondadori, 1992, pp. 702-704.


English version “The Treasure of the Poor”

A poet says:
Once upon a time, I don’t know which land anymore, there lived a poor couple.
And these two poor people were so miserable that they owned nothing, absolutely nothing at all.
They had no bread to put in the cupboard, nor a cupboard to put bread in.
They had no house to put a cupboard in, nor field to build a house.
If they had owned a field, even the size of a handkerchief, they could have made money enough to build a house there.
If they had a house, they could have put the cupboard there.
And if they had had the cupboard, it is certain that in one way or another, in a corner or in a crack, they could have found a piece of bread or at least a crumb.
But, having neither field, nor house, nor cupboard, nor bread, they were in truth very miserable.
But they didn’t complain about the lack of bread so much as of the house.
They had enough bread for alms, and sometimes they even had a bit of bread
and sometimes even a sip of wine.
But these poor people would have preferred to always remain without food and have a house to light up a few dry branches or calmly talk in front of the embers.
What is best in the world, in truth, even better than eating, is to have four
walls for shelter. Without his four walls man is like a wandering beast.
And these two poor people felt more miserable than ever, on a sad evening on Christmas Eve, sad only for them, because all the others that evening have a fire in the fireplace and shoes almost sinking in the ash.
While they were moaning and trembling on the main road, in the dark night, they came across a cat that made a hoarse and sweet meow.
It was in truth a very miserable cat, as miserable as them, since it had only the skin on its bones and very few hairs on the skin.
If it had had a lot of hair on its skin, its skin would certainly have been in better condition.
If its skin had been in better condition, it certainly wouldn’t have clung so tightly to the bone.
And if it hadn’t had skin adhering to its bones, it certainly would have been strong enough to catching mice and so as not to remain so thin.
But, having no hair and instead having skin on its bones, it was in truth very much a petty cat.
Poor people are good and help each other.
So our the picked up the cat and didn’t even think about eating it; because in fact they gave it a some lard that they had received for alms.
The cat, as soon as it had eaten, began to walk in front of them and led them to an old abandoned hut.
There were two stools there and a hearth, which a ray of moonlight illuminated for an instant and then disappeared.
And even the cat disappeared with the moonbeam, so that the two poor people found themselves sitting in the darkness, in front of the black hearth which the absence of fire made even blacker.
– Ah! – they said – if only we had a piece of coal! It’s very cold! And it would be so sweet to warm up a little and tell fairy tales!
But, alas, there was no fire in the hearth because they were miserable, very miserable indeed.
Suddenly two coals lit up at the bottom of the fireplace, two beautiful coals as yellow as gold.
And the old man rubbed his hands, as a sign of joy, saying to the woman:
– Do you feel that good heat?
– I feel it, I feel it – replied the old woman.
And she spread her open palms before the fire.
“Blow on it,” she added. Its embers will make the flame.
– No – said the man – it would wear out too soon.
And they began to talk about the past time, without sadness, because they all felt refreshed from the sight of the two shining embers.
The poor are content with little and are happier. Our two rejoiced, even to their hearts, of the beautiful gift of Baby Jesus, and gave fervent thanks to Baby Jesus.
All night they continued to tell stories while warming themselves, now sure of being protected by the Child Jesus, because the two coals always shone like two new coins and were never consumed.
And, when dawn came, the two poor people who had been warm and comfortable all night, saw at the bottom of the fireplace the poor cat who looked at them with his big golden eyes.
And they had warmed themselves with no other fire than the gleam of those eyes.
And the cat said:
– The treasure of the poor is illusion.

First publication in «La Tribuna», 22 December 1887, Christmas Fairy Tales column, text signed by Duke Minimus.
Transcription from Gabriele D’Annunzio, The treasure of the poor, in Gabriele D’Annunzio, Tutti le novelle, edited by Annamaria Andreoli and Marina De Marco, Milan, Mondadori, 1992, pp. 702-704.


Perfeziona i verbi e la pronuncia italiana nell’Accademia dei Verbi.
Troverai tanti esercizi pratici che ti aiuteranno a coniugare tutti i tempi verbali e a pronunciarli bene:


I verbi fraseologici: venire/andare a prendere

The phrasal verbs: venire/andare a prendere

(English follows)

Ascolta la lezione (listen to the lesson):

Studiando l’italiano hai mai incontrato dei verbi seguiti da una preposizione e poi da un altro verbo all’inifinito o al gerundio? Sono dei verbi fraseologici e a volte ti fanno grattare il capo se non sai come usarli! Vediamo in particolare come si usano i verbi fraseologici venire a prendere e  andare a prendere.

I verbi venire a prendere e andare a prendere sono chiamati verbi fraseologici. Sono usati davanti a un altro verbo all’infinito o al gerundio e sono spesso accompagnati da una preposizione.

I verbi fraseologici esprimono una particolare azione, per esempio:
cominciare a +infinito – (inizio dell’azione)
finire di + infinito – (fine dell’azione)
continuare a +infinito – (proseguimento dell’azione)
stare per + gerundio – (progressività dell’azione)

I verbi venire a + prendere e andare a + prendere indicano il movimento di un’azione.

Vediamo alcune frasi:

Venire a prendere – to come get, pick up

1. Vengo a prendere la mia bici domani quando sarà pronta.

2. Stasera i miei amici vengono a prendere dell’uva del mio orto.

3. Sono venuti a prenderci alla fermata dell’autobus.

4. Ti veniamo a prendere all’aeroporto.

Andare a prendere – to go get, pick up

1. Siete andati a prendere un caffè al bar?

2. Ogni giorno va a prendere la figlia all’uscita dalla scuola.

3. Sono andati a prendere le chiavi dell’appartamento.

4. Domani andremo a prendere del vino in cantina.

Consiglio

Quando hai dei dubbi, per non sbagliare, consulta sempre il dizionario!

Continua a esercitarti nell’Accademia dei Verbi.
Troverai tanti esercizi efficaci che ti aiuteranno a coniugare tutti i tempi verbali e a pronunciarli bene:


English version

While studying Italian, have you ever encountered verbs followed by a preposition and then by another verb in the infinitive or gerund? They are phrasal verbs and sometimes they make you scratch your head if you don’t know how to use them! Let’s see in particular how to use the phrasal verbs venire a prendere and andare a prendere.

The verbs venire a prendere and andare a prendere are called phrasal verbs. They are used before another verb in the infinitive or gerund and are often accompanied by a preposition.

Phrasal verbs express a particular action, for example:
cominciare a +infinito – (start of an action)
finire di + infinito – (end of an action)
continuare a +infinito – (continuation of an action)
stare per + gerundio – (progression an action)

The verbs venire a + prendere e andare a + prendere indicate the movement of an action.

Let’s have a look at some sentences:

Venire a prendere – to come get, pick up

1. Vengo a prendere la mia bici domani quando sarà pronta.
I’ll come get my bike tomorrow when it’s ready.

2. Stasera i miei amici vengono a prendere dell’uva del mio orto.
Tonight my friends are coming to get some grapes from my garden.

3. Sono venuti a prenderci alla fermata dell’autobus.
They came to pick us up at the bus stop.

4. Ti veniamo a prendere all’aeroporto.
We will pick you up at the airport.

Andare a prendere – to go get, pick up

1. Siete andati a prendere un caffe al bar?
Have you gone to and get a coffee at the bar?

2. Ogni giorno va a prendere la figlia all’uscita dalla scuola .
Every day he goes to pick up his daughter from school.

3. Sono andati a prendere le chiavi dell’appartamento.
They went to get the keys to the apartment.

4. Domani andremo a prendere del vino in cantina.
Tomorrow we will go to the cellar to get some wine.

Suggestion:

When in doubt, to avoid making mistakes, always consult the dictionary!

Continua a esercitarti (continue to practice) in the Accademia dei Verbi.
You will find many effective exercises that will help you conjugate all the verb tenses and pronounce them well:

Come diventare migliori comunicatori in italiano

How to become better communicators in Italian

Parole, parole, parole… come cantava Mina. Usare le parole italiane che già conosci e quelle che incontri leggendo, ascoltando musica o parlando con altri italiani, magari in Italia, è la cosa più importante per avanzare nella lingua parlata. Infatti, quando si impara una lingua l’obiettivo è riuscire a comunicare e conversare. Ecco a cosa servono le parole, i suoni, le espressioni…
Vediamo come:

  • mantenere viva una conversazione senza interromperla
  • utilizzare parole di riempimento o intercalari
  • esprimere emozioni con interiezioni
  • mostrare apprezzamento per qualcosa

Parole, parole, parole… as Mina would sing. Using the Italian words you already know and those you come across while reading, listening to music or talking to other Italians, perhaps in Italy, is the most important thing to advance in the spoken language. In fact, when learning a language, the goal is to be able to communicate and converse. That’s what words, sounds, expressions are for…
Let’s see how:

  • to keep a conversation going without interrupting
  • to use filler words
  • to express emotions with interjections
  • to show appreciation for something

Parole italiane per mantenere viva una conversazione

Esiste una categoria di parole ed espressioni che vengono usate per mantenere viva una conversazione. Queste parole ed espressioni aiutano anche a comunicare il nostro accordo, disaccordo e incertezza senza interrompere l’interlocutore. Ecco una lista di alcune delle più comuni.

There is a category of words and expressions that are used to keep a conversation going. These words and expressions also help communicate our agreement, disagreement, and uncertainty without interrupting the other party. Here is a list of some of the more common ones.

parole riempitive o intercalari

In italiano le ‘parole riempitive’ o ‘intercalari’ si usano in abbondanza, come potrai notare dalla lunga lista che ho compilato. Si possono dividere in 3 catogorie: iniziatori, mediani e finalizzatori. Anche se, diciamo che, alcune di queste parole o espressioni si prestano bene in diverse situazioni. Sono particolarmente importanti per dare fluidità ad una conversazione.

In Italian the ‘filler words’, “parole riempitive” o”intercalari” are used in abundance, as you can see from the long list I have compiled. They can be divided into 3 categories: starter words, middle words and ending words. Although, “diciamo”, let’s say that, some of these words or expressions lend themselves well in different situations. They are particularly important for giving fluidity to a conversation.

Le interiezioni in italiano

L’interiezione si usa per esprimere emozioni, stati d’animo e reazioni istintive condensate in una sola espressione, senza legami sintattici con il resto della frase.

The interjection is used to express emotions, moods and instinctive reactions condensed into a single expression, without syntactic links with the rest of the sentence.

16 parole e frasi per dire buonissimo in italiano

Sai, che il proverbio “De gustibus non disputandum est” – Sui gusti non si discute, è uno dei più utilizzati dagli italiani? E comunque non viene utilizzato solo riguardo al cibo, bensi anche per ogni altro tipo di gusto: musica, moda, genere letterario ecc.
Nell’articolo di questa settimana però restiamo nel campo del cibo e vediamo tutti i modi per dire “buonissimo” in italiano.

Do you know that the proverb “De gustibus non disputandum est”/ Sui gusti non si discute (there’s no accounting for taste) is one of the most used by Italians? And in any case it is not only used for food, but also for any other type of taste: music, fashion, literary genre, etc.
In this week’s article, however, we remain in the field of food and look intl all the ways to say “very good” in Italian.

3 ways to pronounce the s in Italian

3 modi di pronunciare la s in italiano

A volte basta una sola lettera pronunciata in modo errato per cambiare il significato di una parola. Prendiamo come esempio le due parole “rosa” e “rossa”. Con la prima indichiamo il fiore e, trovandosi tra due vocali, la “s” ha un suono sibilante come una “z” dolce. Mentre la seconda è un aggettivo di colore in cui la doppia “s” ha un suono forte. Quindi quando sentiamo “rosa rossa” notiamo la differenza nel suono della “s” il che ci permette di capire che parliamo di un fiore di colore rosso.

La lettera “s” ha 3 suoni particolari:

  • la doppia “ss
  • la “s” che sembra “z”
  • la “s” normale (parole che iniziano con la “s” o la “s” è accanto ad una consonante

Ecco una lista di parole per esercitari.

Sometimes all it takes is one mispronounced letter to change the meaning of a word. Let’s take as an example, the two words “rosa” and “rossa”. With the first we indicate the flower and, being between two vowels, the “s” has a sibilant sound like a soft “z”. While the second is an adjective of color and the double “s” has a strong sound. So when we hear “rosa rossa” we notice the difference in the sound of the “s” which allows us to understand that we are talking about a red flower.

The letter “s” has 3 particular sounds:

  • la doppia “ss“/ the double “ss”
  • la “s” che sembra “z” / the “s” that sounds like “z”
  • la “s” normale (parole che iniziano con la “s” o la “s” è accanto ad una consonante / words starting with “s” or “s” is next to a consonant

Here’s a list of words to practice:

Parole con la doppia “ss

Words with double “ss

Ascolta e ripeti:

spesso, rilassarsi, assaporare, assoluta, eccesso,  assaggiare, passata, grosso, assurdità, stessi, smesso, interesse, assieme, bussare, impressione, rossissimi, benissimo, sussisstere,  successo, necessario, fissata

Parole con la “s” che sembra “z” (la “s” è tra due vocali)

Words with an “s” that sounds like “z”

Ascolta e ripeti:

paradiso, cose, religioso, sorriso, rosa, così, episodio, accesa, causato, famoso, muso, preso, bisogno, quasi, paese, desiderare, scusa, sposata, faticoso, presuntuoso, prezioso, vaso, qualcosa, mesi, sorpresa

Parole che iniziano con la “s” o la “s” è accanto ad una consonante

Words that start with an “s” or the “s” is next to a consonant

Ascolta e ripeti:

spaghetti, posta, sole, losco, senza, soluzione,  rospo, sogno, simile, svegliarsi, composto, Spagna, stella, arso, spiaggia, sedia, soggiorno, sereno, storia, crosta

Adesso prova a ripetere / Now try to repeat:

Assaggio una deliziosa crostata di mele saporita!

Esercitati regolarmente con queste liste per pronunciare perfettamente il suono della “s”.

Practice these lists regularly to pronounce the sound of the “s” perfectly.


Italian Formal and Informal pronouns

Come usare le forme pronominali confidenziali e di cortesia

(English follows)

La domanda che ti sarai chiesto è: “Quale forma pronominale italiana devo usare per rivolgermi ad una persona….confidenziale/informale o di cortesia /formale?”

Allora vediamo come si usano i diversi pronomi allocutivi: tu, voi, Lei, Ella, Loro.

Pronomi allocutivi
Un pronome allocutivo è una forma pronomiale che viene utilizzata per rivolgersi a una persona in modo diretto, come ad esempio “tu”, “lei”, “voi”, “vostra eccellenza”, “signor(e)”, “amico(a)”, “cara/o”, ecc. Un pronome allocutivo viene utilizzato per indicare la persona con cui si sta parlando in modo più diretto e personale, generalmente con l’intento di stabilire un rapporto di familiarità o rispetto.

L’italiano contemporaneo prevede due forme di uso dei pronomi allocutivi nei rapporti interpersonali:

confidenziali il tu reciproco, riservato in genere ai rapporti informali (amicizie, famiglia, lavoro, con colleghi che si frequentano abitualmente);

di cortesia (o di rispetto o reverenziali) il “Lei” reciproco, nei rapporti formali (ambito di lavoro e istituzionale fra persone che non si conoscono, rapporti gerarchici). L’uso del “voi” come alternativa al “Lei” nelle situazioni formali è quasi del tutto scomparso e sopravvive in alcuni italiani regionali meridionali.

Nella storia della lingua italiana, il pronome formale ha subito diverse trasformazioni. Fino al Trecento si usavano solo il “tu” e il “voi” come forme di rispetto, sia al singolare che al plurale. In seguito, è stato sostituito dal pronome “Vostra Signoria” in modo formale al singolare e “Vostra Maestà” al plurale per rivolgersi ai nobili e alla famiglia reale. Dal Quattrocento al Seicento si è diffuso gradualmente l’uso del “Lei” probabilmente per l’influsso dello spagnolo usted. Fino ai primi del Novecento “Lei “/ “ella” e “voi” erano usati indistintamente. Nel 1938 il regime fascista ha proibito  ufficialmente l’uso del “Lei” a favore del “voi”. È forse proprio questa imposizione ha sancito l’abbandono del voi nel secondo dopoguerra. “Lei” ha di conseguenza acquisito un ruolo più centrale nel linguaggio formale come pronome di cortesia per indicare una persona singola.

Negli ultimi decenni il “tu” ha gradualmente ampliato la sua sfera d’uso, estendendosi a situazioni in cui prima non era previsto. Di fronte a una diversa sensibilità dei parlanti, è consigliabile non abusare del tu in situazioni formali e mantenere il lei, specie con persone che non si conoscono.

Esempi con “Lei”:

1. Mi scusi, Signora, potrebbe ripetere quello che ha detto?

2. La ringrazio per la sua gentilezza e disponibilità. 

3. Signore, qui troverà tutte le informazioni di cui ha bisogno.

4. Lei è il nostro cliente più fedele.

Attenzione:

Quando si usa il pronome allocutivo “Lei”, il participio passato del predicato si accorda con il genere della persona alla quale si riferisce

Caro Professore, a lezione ieri (Lei) è stato davvero brillante.

Se però l’allocutivo è in forma di pronome atono, il participio può accordarsi al femminile anche se ci si riferisce a un maschio

Caro Professore, l’ho (la ho) sentita parlare alla conferenza di ieri.

“Loro” può essere usato come pronome di cortesia quando ci si rivolge a persone che non si conoscono molto bene o in situazioni formali. Tuttavia, in Italiano, è più comune utilizzare il pronome “Lei” come forma di cortesia singolare, mentre “Loro” è utilizzato come forma di cortesia plurale.

Esempi con “Loro”:

  1. Loro sono invitati a prendere posto al tavolo.
  2. Loro gradirebbero una bevanda?
  3. Potrebbero gentilmente fornirci maggiori dettagli sull’argomento? 
  4. Loro hanno fatto un ottimo lavoro.

“Ella” è limitato agli usi burocratici o altamente formali (in questo secondo caso, in riferimento ad alte cariche religiose o civili) e di solito si accompagna all’uso delle maiuscole di reverenza. Anche loro è marcato ormai come molto formale, e viene usato sempre più di rado: per rivolgersi collettivamente a persone alle quali singolarmente si darebbe del lei, oggi si ricorre quasi sempre al “voi“.

Pronomi neutri

Attualmente, in italiano, l’uso dei pronomi di terza persona (lui/lei) è ampiamente diffuso e non prevede l’uso di pronomi neutri per riferirsi a persone non binarie. Tuttavia, sempre più persone usano pronomi alternativi come “loro” o “elle” o “ellx” per riferirsi a sé stessi o ad altre persone non binarie ed includere tutte le identità di genere.  Anche se l’uso di questi pronomi non è ancora ampiamente diffuso, è importante rispettare la preferenza di ogni individuo sulla forma di pronome che preferisce usare per sé.

Inoltre, alcuni linguisti e studiosi del linguaggio stanno lavorando per recuperare il genere neutro nella lingua italiana, proponendo nuove forme linguistiche o recuperando forme già esistenti ma poco utilizzate. Tuttavia, questi tentativi non hanno ancora ottenuto un ampio consenso e l’uso del genere neutro nell’italiano attuale è ancora in fase sperimentale.

Ricapitoliamo:

Tu, Maria, sei tanto gentile.

Voi siete bravissime, ragazze!

Signor Neri, Lei ha una padronanza eccellente della lingua italiana.

Ella Ella ha la nostra stima, signor Presidente

Loro sono pregati di entrare.


English version

The question you may have asked yourself is: “Which Italian pronominal form should I use to address a person….formal or informal?”

So let’s see how the different allocutive pronouns are used: tu, voi, Lei, Ella, Loro.

Allocutionary pronouns
An allocution pronoun is a pronomial form that is used to address a person directly, such as “tu”/you, “Lei”/you, “voi”/you, “Vostra Eccellenza”/your Excellency, “signor(e)”/Sir, “amico(a)”/friend, “cara/o”/dear, etc. An allocution pronoun is used to indicate the person with whom you are speaking in a more direct and personal way, generally with the intention of establishing a relationship of familiarity or respect.

Contemporary Italian foresees two forms of allocutive pronouns in interpersonal relationships:

confidential reciprocal “tu”/you, generally reserved for informal relationships (friendships, family, work, with colleagues who meet regularly);

courtesy (or respect or reverential) the mutual “Lei”, in formal relationships (work and institutional environment between people who don’t know each other, hierarchical relationships). The use of “voi” as an alternative to “Lei” in formal situations is almost entirely disappeared and survives in some southern Italian regions.

In the history of the Italian language, the formal pronoun has undergone several transformations. Until the fourteenth century, only “tu”/you and “voi”/you were used as forms of respect, both in the singular and in the plural. Later, it was replaced by the pronoun “Vostra Signoria”/ “Your lordship” formally in the singular and “Vostra Maestà”/”Your Majesty” in the plural to address nobles and the royal family. From the fifteenth to the seventeenth century the use of “Lei” gradually spread, probably due to the influence of the Spanish “usted”. Until the early twentieth century “Lei “/ “ella” /you, and “voi”/you were used interchangeably. In 1938 the fascist regime officially forbade the use of “Lei” in favor of “Voi”. Perhaps it was precisely this imposition that sanctioned the abandonment of “voi” after the Second World War.”Lei” has consequently acquired a more central role in formal language as a courtesy pronoun for a single person.

In recent decades, “tu” has gradually expanded its sphere of use, extending itself to situations in which it was not previously foreseen. Faced with a different sensibility of the speakers, it is advisable not to abuse “tu” in formal situations and to keep the “Lei”, especially with people who don’t know each other.

Examples with “Lei”:

1. Mi scusi, Signora, potrebbe ripetere quello che ha detto?
Excuse me, Madam, could you repeat what you said?

2. La ringrazio per la sua gentilezza e disponibilità. 
Thank you for your kindness and availability.

3. Signore, qui troverà tutte le informazioni di cui ha bisogno.
Sir, here you will find all the information you need.

4. Lei è il nostro cliente più fedele.
You are our most loyal customer.

Attention:
When the allocutive pronoun “Lei” is used, the past participle of the predicate agrees with the gender of the person to whom it refers:

Caro Professore, a lezione ieri (Lei) è stato davvero brillante.
Dear Professor, in class yesterday (you) were really brilliant.

However, if the allocutive is in the form of an unstressed pronoun, the participle can agree in the feminine even if it refers to a male:

Caro Professore, l’ho (la ho) sentita parlare alla conferenza di ieri.
Dear Professor, I heard you speak at yesterday’s conference.

“Loro” can be used as a polite pronoun when addressing people who don’t know each other very well or in formal situations. However, in Italian, it is more common to use the pronoun “Lei” as a singular courtesy form, while “Loro” is used as a plural courtesy form.

Examples with “Loro”:

  1. Loro sono invitati a prendere posto al tavolo.
    You are invited to take a seat at the table.
  2. Loro gradirebbero una bevanda?
    Would you like a drink?
  3. Potrebbero gentilmente fornirci maggiori dettagli sull’argomento? 
    Could you kindly give us more details on the matter?
  4. Loro hanno fatto un ottimo lavoro.
    You’ve done a great job.

“Ella” is limited to bureaucratic or highly formal uses (in the latter case, in reference to high religious or civil offices) and is usually accompanied by the use of capital letters of reverence. Even “Loro” is now marked as very formal, and is used more and more rarely: to collectively address people to whom one would address individually with “you”, today we almost always resort to “voi”.

Neutral pronouns
Currently, in Italian, the use of third person pronouns (he/she) is widespread and does not include the use of neuter pronouns to refer to non-binary people. However, more and more people are using alternative pronouns such as “loro/they” or “elle” or “ellx” to refer to themselves or other non-binary people and include all gender identities. While the use of these pronouns is not yet widely used, it is important to respect each individual’s preference on the form of pronoun she prefers to use for herself.
Furthermore, some linguists and language scholars are working to recover the neuter gender in the Italian language, proposing new linguistic forms or recovering existing but little-used forms. However, these attempts have not yet achieved widespread acceptance and the use of the neuter gender in present-day Italian is still in an experimental stage.

Let’s recap:

Tu, Maria, sei tanto gentile.
You, Maria, are so kind.

Voi siete bravissime, ragazze!
You are great, girls!

Signor Neri, Lei ha una padronanza eccellente della lingua italiana.
Mr. Neri, you have an excellent command of the Italian language.

Ella ha la nostra stima, signor Presidente.
You have our respect, Mr. President

Loro sono pregati di entrare.
You are requested to enter.


Italian vs. Anglicisms and Gadda -Do we need a law to protect Italian?

Abbiamo bisogno di una legge per proteggere l’Italiano?

(English version below)

Non vogliamo fare la guerra all’inglese, ma vogliamo rammentare ai parlanti italiani che in molti casi esistono parole italiane utilizzabili, comode e trasparenti. Vogliamo provare a proporle a tutti come possibile alternativa, per promuovere la grande ricchezza lessicale ed espressiva della nostra lingua.

Claudio Marazzini
(Presidente dell’Accademia della Crusca)

La domanda che ci poniamo in tanti dopo la proposta di legge sulla lingua italiana del Governo Meloni è questa: Dobbiamo proteggere la lingua italiana dai forestierismi, le parole straniere, e in particolare dall’inglese?

La legge vieterebbe l’uso di termini inglesi in certi ambiti, come la Pubblica Amministrazione, la comunicazione pubblica, nei contratti di lavoro o per specificare i ruoli in azienda e prevederebbe multe da 5000 a 100.000.

E’ un’illusione pensare di poter fare leggi contro l’invasione delle parole? Oppure come suggeriscono gli esperti linguisti, “l’unico vero intervento efficace per la salute della lingua italiana è garantire che tutti abbiano la migliore istruzione possibile e che l’ insegnamento dell’italiano faccia acquisire una migliore consapevolezza linguistica – per tutti e quindi anche per i futuri legislatori, politici e comunicatori pubblici.”

Il desiderio di emulare gli anglofoni ha origini lontane. La parola anglicismo veniva infatti già utilizzata nel 18esimo secolo. Era un periodo in cui l’Europa guardava con ammirazione alle conquiste coloniali, politiche e tecnologiche dell’Inghilterra, il che ha dato il via all’adozione di parole d’origine inglese, gli anglicismi per l’appunto, un’onda che ha seguito un’altra, quella dei francesisimi.

Dei nostri giorni la globalizzazione assieme alla diffusione di termini inglesi nella tecnologia digitale ha reso l’afflusso di anglismi patologico.

Difatti nel 2015 l’Accademia della Crusca, uno dei principali punti di riferimento in Italia e nel mondo per le ricerche sulla lingua italiana, aveva lanciato una petizione per incoraggiare l’uso di parole italiane invece di quelle inglesi.

Gli anglicismi hanno sostituito se non addirittura cancellato quelle italiane.

Guardando il notiziario sentiamo “hub” energetico, quando invece la parola “centro” o “fulcro” sarebbe meglio capita dalla maggioranza degli italiani. Oppure le famose “expenditures” del governo…forse per evitare la parola più limpida:“spese”?

Per non parlare di molte leggi italiane con nomenclature inglesi, tipo: “Il Jobs Act”, “Il Green Pass”,….ecc.

Nelle strade sentiamo parlare di “news”, invece che di “notizie”, di “weekend” invece che di “fine settimana”. Per quanto mi riguarda, quando parlo l’inglese, parlo l’inglese; quando parlo l’italiano, parlo l’italiano e lo stesso vale per il francese e altre lingue che mi diletto ad imparare.

Allora, riinnamoriamoci dell’italiano ascoltando Alessandro Baricco che legge e spiega”La cognizione del dolore” di Carlo Emilio Gadda (noto come il Joyce italiano)

– attivare i sottotitoli per una migliore comprensione –

Lo scrittore Alessandro Baricco inizia dicendo che i grandi scrittori riescono a nominare la vita, le cose. E’ una cosa preziosa perché si danno i nomi alle cose per difendersi da esse.

“I grandi scrittori sono straordinari perché sanno nominare le zone più semplici e complicate della nostra esperienza. Non raccontano solo storie, nominano la vita…

Gadda lavorava con la nostra lingua e siamo gli unici al mondo che possiamo veramente capire e goderci fino in fondo cosa lui ha fatto. Tutte le traduzioni perdono per strada molto di quello che lui era riuscito a combinare. Sapeva nominare le cose più strane con una esattezza e bellezza quasi irripetibili.

Leggiamo due capoversi di circa dieci righe dell’ultima pagina del libro “La cognizione del dolore”, un libro che non ha mai finito (lui non amava molto finire le cose).

Una vecchia signora che è stata aggredita di notte e sta per morire, ma non si sa se morirà. Hanno passato la notte a cercare di curarla e adesso lei è stesa nel suo letto in una stanza in un’agonia silenziosa nell’ultimo brandello di notte prima dell’alba.”

“Lasciamola tranquilla”, disse il dottoe. Andate, uscite.
Nella stanchezza senza soccorso in cui il povero volto si dovette raccogliere tumefatto, come in un estremo recupero della sua dignità, parve a tutti di leggere la parola terribile della morte e la sovrana coscienza dell’impossibiltà di dire: Io.”

“Si fa fatica a tenere insieme questo corpo che sta per morire. E pensiamo se tutto finisce così allora cosa si salva di tutto quello che ho fatto. Perché facciamo tutto questo? Tutto questo lo sappiamo, ma a saperla a dire in una riga con esattezza…..”

“L’ausilio dell’arte medica, lenimento, pezzuole, dissimulò in parte l’orrore. Si udiva il residuo d’acqua e alcool delle pezzuole strizzate ricadere gocciolando in una bacinella.”

“Una inquadratura cinematografica molto stretta. Lui te la vende come un suono ‘si udiva‘, ma in realtà te la sta facendo vedere.”

“E alle stecche delle persane, già l’alba.”

“C’era da dire che stava per cominciare il giorno. Gadda era preciso. Non dice persiane, ma alle stecche e non c’è verbo. L’alba infatti si vede nelle stecche delle persiane. Più sei esatto e non vago, più quel nome resisterà.”

“Il gallo, improvvisamente, la suscitò dai monti lontani, perentorio e ignaro, come ogni volta. La invitava ad accedere e ad elencare i gelsi, nella solitudine della campagna apparita.”

“Elencare i gelsi….arriva la luce, il primo gelso, il secondo….E’ quello che fa la luce: elenca. In tre parole c’è un movimento e un senso della bellezza… La danza dell’alba che nessuna traduzione nel mondo potrebbe salvare. Noi possiamo sentire la danza dell’alba. Gadda aveva il senso della bellezza.

Quest’ultima frase molto italiana, è melodia, è un canto, oltre ad essere precisa, esatta, è musica.

Chiunque di noi sente che quella è la musica giusta, ritmo e melodia.

L’ultima frase del tema “nome” tac…..per sempre….

Noi abbiamo una bellissima lingua, l’italiano, che lui usava da Dio.”

Letture consigliate:
Nuove leggi sull’italiano. Ma sono davvero “politica linguistica”?

Proposta di legge

Petizione per la lingua italiana

https://www.treccani.it/enciclopedia/anglicismi_(Enciclopedia-dell’Italiano)/


English version:

“We don’t want to wage war on English, but we want to remind Italian speakers that in many cases there are usable, comfortable and transparent Italian words. We want to try to offer them to everyone as a possible alternative, to promote the great lexical and expressive richness of our language.”
Claudio Marazzini
(President of the Accademia della Crusca)

The question that many of us are asking after the Meloni government’s bill on Italian language is this: Should we protect the Italian language from foreign words, and in particular from English?

The law would prohibit the use of English terms in certain areas, such as the Public Administration, public communication, in employment contracts or to specify roles in a company and would provide for fines from 5,000 to 100,000.

Is it an illusion to think you can make laws against the invasion of words? Or as linguist experts suggest, “the only truly effective intervention for the health of the Italian language is to ensure that everyone has the best possible education and that teaching Italian leads to better linguistic awareness – for everyone and therefore also for future lawmakers, politicians and public communicators.”

The desire to emulate English speakers has distant origins. The word Anglicism was in fact already used in the 18th century. It was a time when Europe looked up to England’s colonial, political and technological achievements, which gave rise to the adoption of words of English origin, anglicisms to be precise, a wave that followed another one, that of the frenchisms.

Today’s globalization coupled with the spread of English terms into digital technology has made the influx of Anglicisms pathological.

In fact, in 2015 the Accademia della Crusca, one of the main points of reference in Italy and in the world for research on the Italian language, had launched a petition to encourage the use of Italian words instead of English ones.

Anglicisms have replaced or even canceled Italian words.

Watching the news we hear about “hub” energetico, when instead the words “centro” or “fulcro” energetico would be better understood by the majority of Italians. Or the famous government “expenditures”… perhaps to avoid the clearer word: “spese” in Italian?

Not to mention many Italian laws with English nomenclature, such as: “The Jobs Act”, “The Green Pass”,….etc.

In the streets we hear “news” instead of “notizia”, “weekend” instead of “fine settimana”. For me, when I speak English, I speak English; when I speak Italian, I speak Italian, and the same goes for French and other languages that I enjoy learning.

So, let’s fall in love with Italian again by listening to Alessandro Baricco read and explain “La cognizione del dolore” / “The Cognition of Pain” by Carlo Emilio Gadda (known as the Italian Joyce)

– activate the subtitles of the video above for a better understanding –

The writer Alessandro Baricco begins by saying that great writers manage to name life, things. It is a precious thing because things are given names to defend ourselves against them.

“Great writers are extraordinary because they know how to name the simplest and most complicated areas of our experience. They don’t just tell stories, they name life…

Gadda worked with our language and we are the only ones in the world who can truly understand and fully enjoy what he did. All translations lose much of what he had managed to accomplish by the wayside. He knew how to name the strangest things with almost unrepeatable accuracy and beauty.

We’ll read two paragraphs about ten lines long from the last page of the book “The Cognition of Pain”, a book he never finished (he didn’t really like finishing things).

An old lady who was attacked at night and is about to die, but it is not known whether she will die. They spent the night trying to treat her and now she lies in her bed in a room in silent agony in the last shred of night before dawn.”

“Let’s leave her alone,” said the doctor. Go, exit.
In the unaided tiredness in which the poor face had to compose itself swollen, as in an extreme recovery of its dignity, everyone seemed to read the terrible word of death and the sovereign awareness of the impossibility of saying: I. “

“It’s hard to keep this body together that is about to die. And if we think that everything ends like this then what is saved from everything I’ve done. Why do we do all this? We know all this, but knowing how to say it in one line with accuracy…..”

“The aid of medical art, soothing, cloths, partly concealed the horror. You could hear the residue of water and alcohol from the squeezed cloths dripping into a basin.”

“A very tight cinematic shot. He’s selling it to you as a sound, but he’s actually showing it to you.”

“And at the slats, it’s already dawn.”

“It had to be said that the day was about to begin. Gadda was precise. He doesn’t say shutters, but on the slats and there is no verb. In fact, dawn can be seen in the slats of the shutters. The more exact you are and not vague, the more that name will last.”

“The rooster suddenly aroused her from the distant mountains, peremptory and unaware, as every time. He invited her to enter and list the mulberry trees, in the solitude of the countryside that appeared.”

“List the mulberries….the light comes, the first mulberry, the second….It’s what the light does: it lists. In three words there is a movement and a sense of beauty… The dance of the dawn that no translation in the world could save. We can feel the dance of the dawn. Gadda had a sense of beauty.

This last phrase is very Italian, it is melody, it is a song, as well as being precise, exact, it is music.

All of us feel that this is the right music, rhythm and melody.

The last sentence of the theme “name” tac….. forever….

We have a beautiful language, Italian, which he used like God.”

Recommended reading:
Nuove leggi sull’italiano. Ma sono davvero “politica linguistica”?

Proposta di legge

Petizione per la lingua italiana

https://www.treccani.it/enciclopedia/anglicismi_(Enciclopedia-dell’Italiano)/